
Il nome “Zanni” fa riferimento al soprannome dato ai contadini del nord Italia (soprattutto bergamaschi e bresciani) nel ‘500 e significa, letteralmente, “colui che ha
fame”, una fame insaziabile, eterna e violenta.
Si può avere ancora oggi una fame così tremenda, vorace, atavica?
Fame fisica o anche spirituale?
Non è anche l’arte un nutrimento, dell’anima?
“C’è chi ha fame di giustizia, chi si rifugia nell’immondizia, chi è felice di stare al chiuso e chi si sente solo, fragile, confuso. C’è chi ha fame di un abbraccio, chi si
sfoga con lo straccio, chi si intontisce di serie TV e chi proprio non si sopporta più.
E poi ci sono io e ci sei tu.
E allora cosa resta?
Resta il legame.
Se c’è qualcosa di cui ho fame, quel qualcosa siamo io e te”
Liberamente tratto da “La Fame dello Zanni” di Dario Fo.
Lo spettacolo vede l’intreccio ed il dialogo di due stili diversi: l’affabulazione e la clownerie. In un rapporto costantemente diretto con il pubblico, i due personaggi trattano in chiave comico grottesca un tema drammatico tutt’ora molto attuale. Nell’interpretazione il corpo prende il sopravvento sulla parola e gli artifici della tecnica teatrale sono eliminati totalmente. La pièce divertente affida all’espressività facciale e alla vivace interpretazione fisica il suo carattere universale che la rende in grado di essere accessibile e di grande impatto sul pubblico di qualunque età e nazionalità.
In parte liberamente ispirato a “La fame dello Zanni” (capolavoro di Dario Fo tratto da “Mistero Buffo” del 1969), un pezzo per una sola persona, lo spettacolo vede invece fondamentale la presenza di due personaggi e del loro dialogo e relazione. Infatti, pur nella sua leggerezza e vivacità, lo spettacolo riesce nel suo intento politico e sociale portando al pubblico le tematiche drammatiche della povertà e della fame ed il parallelismo fra il cibo, nutrimento del corpo, e l’arte, nutrimento dell’anima. Il risultato è quindi una vivace riflessione sull’attualità di questa fame, lasciando aperta la domanda: come combatterla? Ed ancora: come nutrire l’anima? Con l’arte, certamente, ma anche con l’Altro. Prende quindi forma anche l’importanza dei legami salvifici, fondamentali per sconfiggere la solitudine, caratteristica dell’epoca storica che stiamo vivendo.